Coronavirus: breve panoramica a livello mondiale.
La pandemia da coronavirus non ha letteralmente risparmiato nessun angolo della Terra, Antartide a parte. La situazione è in continuo aggiornamento, ma dopo qualche mese si cominciano a tracciare protocolli atti alla riapertura delle frontiere. Delle poche cose che sappiamo, almeno due possiamo darle per assodate:
1) Il virus cammina con le nostre gambe. Il distanziamento sociale (solitamente è sufficiente 1 metro) ci mette al riparo dal contagio.Il virus circola perché cammina con le nostre gambe. Il distanziamento sociale (generalmente basta 1 metro) è precauzione sufficiente per evitare il contagio.
2. L’utilizzo delle mascherine in ambienti chiusi, o dove può essere problematico mantenere il distanziamento sociale, riduce al minimo la possibilità di trasmissione.
Di conseguenza, suona come logico privilegiare ambienti a ridotta densità umana. Ad esempio, viaggi dal forte contenuto naturalistico, lontani dalla ressa e dalla folla. E muovendosi nell’ambito del proprio nucleo familiare, eventualmente allargato ad amici con cui c’è una frequentazione abituale. Piccoli gruppi quindi, in ambienti perlopiù aperti.
Dove viaggiare?
Per avere una situazione quotidiana costantemente aggiornata, il principale sito di riferimento è quello di Worldometer. Le aree messe che sembrano registrare il maggior numero di casi di coronavirus sono gli Stati Uniti, l’India e l’America Latina. Se dai dati assoluti passiamo a quelli relativi all’incidenza sulla popolazione totale, nemmeno il Medio Oriente se la passa benissimo. Molto meglio invece l’Europa, con l’Italia tra i paesi dove la pandemia sembra più sotto controllo, il Canada e l’Oceania. Ma la vera sorpresa è l’Africa, dove le previsioni più funeste sono state, fino ad ora, smentite. Merito probabilmente di una popolazione mediamente molto giovane, quindi meno suscettibile alle conseguenze più serie del virus.
Se però passiamo ad un’analisi più qualitativa dei dati, anche Paesi con numeri più pesanti offrono una miriade di aree a rischio del tutto contenuto, assumendo il rischio zero come inesistente anche a casa nostra. Negli Stati Uniti, per esempio, vi sono aree grandi quasi come un continente, dalla densità umana trascurabile. Il solo Wyoming, ad esempio, è grande quasi quanto l’Italia intera, con una popolazione che è inferiore alla somma di quella dei comuni di Bologna e Parma. Se ci allarghiamo all’intera area delle Rockies (cioè gli stati delle Montagne Rocciose), viene fuori un gran bel pezzo d’Europa (come estensione) con una popolazione complessiva pari a quella di qualche provincia italiana. Lo stato del Québec, nel Canada orientale, è pari ad oltre 5 volte l’intera superficie dell’Italia (isole comprese), con una popolazione simile a quella che gravita nell’area della città metropolitana di Milano. Anche in Africa, dove esistono agglomerati urbani che rendono oggettivamente impossibile il distanziamento sociale, queste molto spesso non sono nemmeno toccate dagli itinerari turistici. Tantomeno in quelli che escono dalle classiche rotte.
Protocolli e accorgimenti per contrastare la pandemia da coronavirus.
Ormai la stragrande maggioranza delle strutture ricettive e delle organizzazioni di servizi turistici, soprattutto quelle più esclusive, ha adottato rigidi protocolli e preso le contromisure. E’ stata drasticamente ridotta la capacità ricettiva, per favorire il distanziamento sociale. Questo garantisce automaticamente anche un servizio più personalizzato. Gli ambienti vengono sanificati con regolarità. Si privilegiano piccoli gruppi, solitamente limitati allo stesso nucleo familiare, nelle escursioni. Il personale indossa guanti e mascherine in ogni occasione in cui possono verificarsi contatti ravvicinati, anche se ben superiori alla soglia di sicurezza di un metro.
Quasi quasi è più rischioso restare a casa…
Potrebbe sembrare una provocazione, detta poi da chi organizza viaggi…però pensiamoci bene. La vita della maggior parte di noi è scandita da una quotidianità fatta da casa, ufficio e ritorno. Per alcuni di noi aggiungiamoci trasferimenti a bordo di mezzi pubblici e visite a locali pubblici (negozi, supermercati, centri commerciali, ristoranti, bar, ecc.). E’ più o meno rischioso rispetto a trascorrere gran parte del proprio tempo all’aperto, magari nelle foreste o nella tundra della Scandinavia, nei deserti del Nord Africa, durante un safari nella savana a bordo di jeep aperte? Pernottando in strutture sottoposte ad attenta e frequente sanificazione? E i sistemi di ventilazione degli aerei sono molto efficaci nel ridurre la concentrazione complessiva di qualunque agente patogeno. Secondo uno studio americano del prestigioso Massachusetts Institute of Technology, il rischio di contagio è di circa uno su quattromila se il volo è pieno. Se invece i posti centrali vengono lasciati vuoti, questo scende a uno su ottomila. La possibilità di essere colpiti da un fulmine nel corso della propria vita è di circa 1 su 3000. Tanto per dire…
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